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Guarire con la Analisi transazionale 

Che cosa è la Analisi transazionale

L’Analisi Transazionale (A.T.) è un orientamento del pensiero psicologico e al tempo stesso uno strumento terapeutico per lo sviluppo e la correzione dei disturbi della personalità. È stata fondata da Eric Berne negli anni ‘50.

L’A.T. consente di accedere al significato nascosto dei codici che influenzano i diversi stati dell’io - Genitore, Adulto, Bambino.

E di comprendere quindi le dinamiche che guidano le relazioni tra noi e gli altri.

L’A.T. fornisce strumenti potenti di analisi e ridecisione al singolo, coppie, famiglie; è applicata nella psicoterapia, nel counseling, nei gruppi, nella scuola e nelle organizzazioni.

Nucleo portante dell’ipotesi transazionale è che l’essere umano, in qualsiasi età e condizione si trovi, può riscoprire in se stesso le radici del suo potenziale psichico completo, come possibilità di risistemazione delle proprie aspettative e di ampliamento del proprio campo esistenziale.

I concetti base dell’A.T. sono:

- Il modello decisionale - il copione (script)

- Gli stati dell’io (Genitore Adulto Bambino)

- Le transazioni e i livelli ulteriori della comunicazione

- I giochi psicologici e il sistema parassitario

- La teoria delle carezze e la strutturazione del tempo

- Le posizioni di vita (OK Corral)

- Ingiunzioni e contoingiunzioni (spinte)

- Le svalutazioni

- Il sistema di riferimento e i contratti di cambiamento

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Eric Berne 

Eric Lennard Bernstein nasce il 10 maggio 1910, nel quartiere ebreo di Montreal, Canada, dove la famiglia si era trasferita proveniente dalla Polonia e dalla Russia.

Il Padre, David Hillel Bernstein, era un medico generico e la madre, Sarah Gordon Bernstein, scrittrice e giornalista. Grace, la sorella, nasce cinque anni dopo. All' età di 9 anni Eric perde il padre, che aveva solo 38 anni.

Nel 1935 si laurea in medicina con abilitazione alla chirurgia; poco dopo è medico interno all' "Englewood Hospital" (Englewood, New Jersey) ed assistente psichiatrico nella clinica psichiatrica della Yale University School of Medicine.

Nel 1938 diventa cittadino americano e cambia il nome in Berne.

Il 1940 è l' anno del matrimonio con Ruth, il primo di tre, dalla quale avrà due figli, Ellen e Peter. Nel 1941 è Clinical Assistent al "Zion Hospital" di New York; vi rimarrà fino al 1943. 

Nello stesso anno comincia la formazione psicoanalitica con Paul Federn. Dal '43 al '46 è psichiatra militare raggiungendo il grado di maggiore, ed è proprio nell' esercito, nel 1945, che comincia a praticare la terapia di gruppo. Nel 1946 si congeda dall' esercito e si sposta a Carmel, California. Pubblica il primo libro "Mente in azione". Il volume sarà rivisto nel 1957 e ripubblicato con il titolo di "Guida per il profano alla psichiatria ed alla psicoanalisi".

Nel 1947 prosegue la formazione psicoanalitica con Erik Erikson. Il 1949 è l'anno del secondo matrimonio con Dorothy De Mass Way, dalla quale ha Ric e Terry (figli)  Robin, Janice e Roxana (figliastri); il loro matrimonio durerà fino al 1964. Il 1956 è l' anno della rottura con il movimento psicoanalitico.

Il 1957 ed il 1958 sono le date ufficiali di nascita dell'Analisi Transazionale: nel '57 pubblica l'articolo "Gli Stati dell'Io nella Psicoterapia" e nel '58 "Analisi Transazionale: un nuovo ed efficace metodo di terapia di gruppo".

Gli anni '50 sono quelli in cui Berne fonda i seminari clinici a Monterey e San Francisco. Nel '58 nasce il San Francisco Social Psychiatry Seminars inc. (SFSPS).

Nel 1962 viene edito il Transactional Analysis Bullettin (TAB) e nel 1965, con l'aumento dei professionisti impegnati con l'AT, viene fondata l'International Transactional Analysis Association (ITAA) e Berne ne è il primo Presidente.

Il 1967 è l'anno del terzo matrimonio, con Torri Rosencrans.

 L'attività di Berne procede vivace e molteplice fino alla sua morte, il 15 luglio 1970.

L'anno sucessivo alla sua morte il TAB diventa il Transactional Analysis Journal (TAJ), l'ITAA e l'AT si sono ulteriormente sviluppate ed oggi sono diffuse nei 5 continenti.

"Personalmente mi ritengo un meccanico della mente, tutto qui. Se qualcuno viene da me con le rotelle fuori posto io gli dico:.  è O.K. proviamo a metterle a posto. Quello che succede fuori alla tua testa appartiene ad un campo diverso dal mio, potrebbe anche essere interessante occuparsene, ma non credo che questo sia il mio compito principale.

Se anche voi avete intenzione di fare questo, allora la prima cosa che dovete imparare è la psicoterapia pura e semplice.

In altre parole: c'è un paziente seduto su una sedia e voi su un'altra, non ci sono trucchi né altri aggeggi. Ci sono solo due persone e due sedie come comfort, alcuni non usano neanche le sedie.

Così il vero problema dello psicoterapeuta è: cosa faccio quando sono in una stanza con una persona chiamata paziente, se io mi chiamo terapeuta? Assolutamente niente trucchi, niente appunti, niente registrazioni, niente musica, niente. Questo bisogna imparare, per fare psicoterapia.

Una volta imparato questo e diventati esperti allora potrete aggiungere qualche ammeniccolo, ma secondo me l'introduzione di trucchetti ed ammennicoli.... può significare che il terapeuta non sa quello che sta facendo"

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Gli Stati dell'Io, parti interne in conflitto o integrate

Per la comprensione dei processi psichici utilizzo soprattutto la teoria degli Stati dell'Io formulata da Berne, e quella correlata degli Inquilini del cervello descritta da Mary Goulding.

Per gli Stati dell’Io particolarmente l'Analisi Strutturale e quella Funzionale, con i 5 Stati, Genitore Critico, Genitore Affettivo, Adulto, Bambino Adattato e Bambino Libero, tutti considerati nel loro aspetto positivo e negativo  (tranne l'Adulto) [Berne 1992].

 

Considero il dialogo intrapsichico tra i diversi Stati dell’Io e l'esito che segue a tale dialogo. Le frasi che il paziente pronuncia, i gesti che compie, le emozioni che dice di sentire o che esprime effettivamente con il corpo, e anche i sintomi che riporta, servono per riconoscere il tipo di dialogo interno che egli realizza tra i suoi diversi stati dell'io. O in altre parole il grado di integrazione tra di essi.

Le due analisi hanno molte funzioni: di riconoscere la posizione in cui si pone una persona; di risalire alla persona cui si è modellato per pensare, sentire, comportarsi così (gli IPIR della Benjamin); tenere sempre sotto controllo quanta energia riceve l'adulto che è l’alleato fondamentale nella terapia; e puntare al bambino, alle sue risorse, che è colui che decide davvero.

 

Utilizzo anche molto la teoria - che deriva dalla teoria di Berne sugli Stati dell'Io e la sviluppa in modo efficace - di Mary Goulding, che si trova ben sviluppata in Gli inquilini del cervello [Goulding  2008], dove parla delle voci che possiamo riconoscere normalmente nei nostri dialoghi interiori, ovvero possiamo chiamarli personaggi.

È essenziale sentire, pensare, comportarsi secondo la propria personale decisione, liberi da influenze esterne. Tuttavia gli altri non comandano da fuori: la maggior parte delle volte sono dentro di noi. Abitano nella nostra testa. Non si tratta soltanto di colleghi, superiori o partners che tendono a influenzarci suggerendoci o imponendoci il loro punto di vista. Sono mostri, streghe, soggetti duri o vendicativi che corrispondono a parti della nostra personalità, attraverso le quali ci interpelliamo, ci esasperiamo, ci spaventiamo, ci denigriamo, ci apostrofiamo. Gli altri sono nel nostro cervello [Goulding  2008]. A tali personaggi possiamo dare un nome: per es. la Signorina Perfettina, il Tiranno, l'Esagerato, il Brontolone, il Giudice, etc., riconoscere il loro ruolo, ma in realtà sono dei mostri interiori che ci dominano e guidano.

Essi vanno riconosciuti, vanno chiamati per nome e quindi neutralizzati.

Tali personaggi si riconoscono dalle frasi che il paziente dice, soprattutto quando è attivo uno stato emotivo, e si lascia andare, cioè ha meno controllo razionale.

Si riconoscono anche dai sintomi fisici (non di origine medica) che presenta (i sintomi sono segno degli IPIR).

Tutto ciò deriva dal pensiero di Berne che scriveva: tutte le tue decisioni sono prese da quattro o cinque persone nella tua testa, e anche se non puoi ascoltarle, se sei troppo orgoglioso per ascoltarle, saranno lì la prossima volta se ti preoccuperai di ascoltarle. Gli analisti imparano ad amplificare e identificare queste voci [Berne 1979].

Quindi sono questi personaggi che indicano come comportarsi nel mondo. Il paziente può dialogare con il proprio personaggio interno, dopo averlo riconosciuto, e può arrivare a riconoscere che a qualcosa è servito, ma attualmente non è più funzionale, che anzi è diventato proprio disfunzionale, è diventato dannoso per lui e quindi lo vuole congedare.

Le diverse parti interne che in questo modo vengono evidenziate, per me, corrispondono anche alle diverse parti che l'approccio gestaltico riconosce e fa interagire, per chiuderle.

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L'approccio contrattuale con il paziente

Definisco che cosa è il "contratto" e poi spiego l'importanza dell'"approccio contrattuale" e come io lo introduco e lo uso nel percorso terapeutico.

Il contratto è un accordo tra terapeuta e cliente, che delinea le mete, le tappe e le condizioni della terapia. È di per sé è una tecnica specifica dell'A.T. che mostra esplicitamente la logica con­trattuale. Il contratto serve a rendere esplicite le intenzioni delle parti, per evitare tran­sa­zioni mascherate che possono alimentare comportamenti di copione. Tutti gli stati dell'Io del cliente sono implicati nello stabilire il contratto terapeutico, così come anche tutti gli stati dell'Io del terapeuta con funzioni diverse [Woollams - Brown 1985]. La decisione di introdurre un cambiamento spetta al cliente allo stesso modo dell'obiettivo che stabilisce. Il terapeuta si associa con cognizione di causa, verifica con cura se questo obiettivo è positivo, realistico, accettabile e verificabile. Altrimenti rifiuta di coinvolgersi. Il terapeuta fissa le regole di lavoro e la scelta dei mezzi assicurandosi che il cliente li comprenda e li accetti. Tale contratto avvia una relazione OK/OK nella quale i partner sono in posizione di uguaglianza nello stabilire le loro rispettive competenze. Il contratto deve essere positivo, realistico in base alle risorse del cliente, economico cioè efficiente, senza dispersioni, e verificabile, in modo che si possa sapere quando il lavoro è terminato e il cliente può raccogliere la soddisfazione del suo successo, e si evita il rischio di una dipendenza del cliente verso il terapeuta. Si parte dalle decisioni concrete sul setting, quante sedute a settimana, il compenso, le regole sulla puntualità e sulla disdetta degli appuntamenti, la comunicazione fuori della seduta, la privacy ecc.

Il contratto permette anche di verificare quanta è la motivazione reale nel paziente di voler guarire; alcuni pazienti dicono: “mi fido ciecamente di lei”; forse in realtà non si stanno assumendo la responsabilità di risolvere i problemi e stare meglio. O quando il paziente usa la 1° persona plurale ("Cosa facciamo?" "Dobbiamo affrontare questo problema") sta delegando la propria responsabilità al terapeuta.

Tale definizione di cosa è il contratto nell’A.T. sostiene un intero approccio terapeutico, che chiamiamo approccio contrattuale, che va molto oltre il mero dispositivo del contratto - che pur è un passaggio fondamentale - ed è un paradigma che riguarda l'intero processo terapeutico, per gli assunti che implica, per come chiarisce i ruoli delle due parti, esplicita le aspettative possibili, ma soprattutto responsabilizza fortemente il paziente.

L'approccio contrattuale definisce il tipo di setting, Ok-Ok, che non è come quello medico nel quale il dottore emette la diagnosi e stabilisce lui stesso la terapia. Il terapeuta transazionale si comporta in modo molto diverso da un medico, e anche da quello che fanno i terapeuti di altri approcci: il medico fa una diagnosi riconoscendo i segni della malattia e ascoltando i sintomi riportati dal paziente, e stabilisce una cura e una prognosi; il paziente ha ben poco spazio di parola rispetto alla cura e alla prognosi. E infatti molti pazienti non rispettano le cure somministrate dei medici. Invece nell’A.T. ogni aspetto della terapia viene discusso a livello Adulto/Adulto e accordato con il paziente.

Questi concetti io li chiarisco con il paziente entro la prima o seconda: è il "discorso dell'approccio contrattuale", a cui tengo molto perché è uno gli assunti "filosofici" dell’A.T. - poiché riguarda la responsabilità, la libertà, l'essere OK, la possibilità del cambiamento, e quindi una intera concezione dell'essere umano. Nel mio discorso dico che ogni aspetto del percorso sarà contrattuale, cioè accordato, esplicitamente. Indicare gli obiettivi compete soprattutto al paziente, certo, e anche stabilire e chiarire qual è esattamente problema; ma avverrà dialogando con l'aiuto del terapeuta. Il paziente dirà che tipo di risorse vuole utilizzare, deciderà se le tecniche proposte del terapeuta gli vanno bene o no, il ritmo da tenere, ecc.

In senso stretto tale approccio dà al paziente il potere di sentirsi libero di interrompere in qualsiasi momento la terapia - così dico al cliente - salvo fare un'ultima seduta per valorizzare il percorso fatto, anziché interrompere bruscamente e rischiare di svalutare i passi comunque eseguiti. A volte la scelta di chiudere rappresenta finalmente una presa di posizione personale, senza continuare a compiacere, e, in senso evolutivo nella storia della persona può rappresentare un passo importante.

 

Se con il paziente sono chiariti gli obiettivi, ha bisogno solo di essere accompagnato, proprio come nella metafora molto bella dell'allenatore (il terapeuta) e dell'atleta (il paziente).

La OKness e il modello decisionale: rilevare e neutralizzare il Copione (script)

Come tutte le correnti psicologiche anche l'A.T. ha degli assunti di base. L’A.T. viene considerata una filosofia e concezione dell'uomo. Per me questo tema è fondamentale, perché tali assunti esprimono il concetto di OKness.

Si può dire che l'analisi transazionale in primo luogo è una filosofia, una concezione dell'uomo e solo in secondo luogo, è una teoria dello sviluppo della persona, del suo funzionamento intrapsichico e dei suoi comportamenti interpersonali. Infine è un sistema in espansione di tecniche interconnesse, finalizzate ad aiutare le persone a capire e a cambiare i loro sentimenti e i loro comportamenti, perché - continuando a citare - non è possibile apprezzare pienamente né la teoria né le tecniche, senza capire anzitutto il loro quadro di riferimento filosofico [Woollams - Brown 1985].

 

Il concetto centrale della filosofia della A.T. è l’essere OK (OKness come dicono in America). Se nasciamo OK, siamo OK e possiamo riconoscerci OK, arriviamo all'affermazione cosciente: io sono OK - tu sei OK, già ben diffusa da Harris [Harris 1974].

Per Berne l'essere Ok costituisce il punto di partenza di tutta l'esperienza umana, da lì la sua affermazione ogni bambino nasce principe o principessa.

Il bambino che nasce alla vita è per sua costituzione figlio dell'uomo: non nasce solamente a se stesso, ma anche al mondo, il mondo fisico che però è anche un mondo psichico, con altri esseri umani in particolare i sui genitori. Il lattante fa esperienza della vita in un equilibrio mai definitivo e sempre rinnovato. Così un po’ alla volta il Piccolo Professore, la parte pensante di colui che è bambina,  trae la conclusione che è capace di affrontare le situazioni che incontra; in seguito sarà compito dell'Adulto correggere gli eccessi delle illusioni e disillusioni del Bambino e potrà riconoscersi OK.

Le posizioni di vita non-OK, le transazioni che ne derivano e i giochi che si articolano, all'interno di un copione tragico o melodrammatico, non portano l'analista a mettere in discussione che ogni essere vivente è fondamentalmente OK. E in realtà forte di una tale convinzione, l'analista transazionale invita sottilmente a mettere questa convinzione alla prova. La messa in opera efficace della  convinzione, che resiste alle sfide, porta alla guarigione.

Quindi si può dire che il risultato di un trattamento transazionale non è altro che il ristabilimento dell'essere OK.

Tutto questo non è ottimismo ingenuo, non nega emozioni costose, prove, lotte, e neppure aderisce al mito del buon selvaggio. Si basa sulla percezione realista che vede chiaro nelle capacità e nei limiti dell'essere umano. Ne verifica il fondamento mediante un pragmatismo che si basa sull'efficacia dei risultati ottenuti.

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L'essere OK riguarda alcuni elementi che sono fondanti dell'approccio transazionale.

Il primo è la responsabilità personale intesa come capacità di percepire e riconoscere i propri atti come propri e di distinguerne le cause e le occasioni, le conseguenze e i loro effetti. Significa saper distinguere anche le idee e le convinzioni che coltiviamo, e i comportamenti che ne derivano e che servono a mascherarle. Ma tale concezione permette all'analista transazionale di situarsi egli stesso come uomo e di non attribuire agli altri, alle circostanze o al caso ciò che dipende da lui. Lo invita anche a confrontare i tentativi di abdicazione o di alienazione di coloro che fanno ricorso al suo aiuto.

Inoltre l'A.T. si basa su un approccio decisionale. Certe decisioni si sono prese prima del risveglio dell'Adulto o al di fuori della sua partecipazione, qui sta il Copione (script), ma sono comunque nostra responsabilità.

E questo illumina la libertà che l'A.T. riconosce ad ogni essere umano. Ma la sua libertà non è arbitraria; è situata. Questo si traduce in un dispositivo forte che è il contratto, il quale avvia una relazione OK/OK che comprende reciprocamente apertura, franchezza e sincerità.

L’insieme di questi punti di vista sulla condizione umana non costituisce una filosofia nel senso stretto, ma si riflette per l'analista transazionale in ciò che egli è e in ciò che fa; e lo guida ad accompagnare e modellare le modalità con le quali il paziente gestisce il suo mondo interiore e le relazioni che stabilisce col suo mondo esteriore. Si tratta di una filosofia pragmatica che deriva le sue ipotesi dall'osservazione delle transazioni, la verifica nelle relazioni terapeutiche, e constata l'efficacia nei risultati ottenuti.

Tale filosofia si pone all'interno della corrente della psicologia umanistica, rifiuta gli eccessi possibili e le infatuazioni incontrollate.

Gli assunti filosofici della  A.T. alimentano  un atteggiamento positivo verso i problemi, le risorse, l’imparare a stare bene, l’avere cura di se. Portano alla teoria schematica ma efficace delle Posizioni Esistenziali.

L’OKness consiste in una profonda fiducia che SI PUO' SEMPRE CAMBIARE, anche se è difficile, ma non impossibile.

Quasi tutti i pazienti inizialmente dicono di voler cambiare, ma in realtà stanno continuando delle strategie non efficaci che mantengono i problemi, credendo di gestirli: i pazienti vanno in terapia per non cambiare.

Quindi hanno bisogno di ritrovare la speranza di stare meglio. La filosofia dell’OKness dà una risposta al loro bisogno di avere speranza, se il terapeuta sa fare una valutazione realistica delle risorse presenti e della gravità del problema. È necessario che il terapeuta si senta OK. La situazione migliore è quando il terapeuta ha una profonda passione nel far sentire OK anche le altre persone, per quello che loro possono e che desiderano.

Per i riferimenti bibliografici vedi la pagina  Letteratura scientifica

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