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L'importanza della resilienza

Perché alcune persone reagiscono ad eventi traumatici senza soccombere e senza patire danni morali o psicologici permanenti, mentre altre subiscono una cessazione dei processi di evoluzione? Esiste una funzione organica o mentale, quasi una predisposizione a far fronte ai traumi uscendone indenni?

Questo è uno dei fronti sui quali si sta impegnando la ricerca psicologica supportata dagli studi della genetica e delle neuroscienze, specialmente nel campo delle psicopatologie familiari e in quello sociale degli effetti delle grandi catastrofi, perché processi simili accadono anche alle comunità (si studiano per esempio le diverse reazioni ai terremoti).

Il concetto che è stato sviluppato è quello della resilienza, termine mutuato dalla fisica, dove si riferisce alla capacità dei materiali (specialmente i metalli) di resistere alla rottura per urti o colpi improvvisi. In rapporto alle scienze sociali la resilienza è allora la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rafforzati o addirittura trasformati.

E’ la capacità di riorganizzare la propria vita e ricostruirsi, restando sensibili alle opportunità positive che essa ci offre, ritrovando slancio, contro ogni previsione, e anche raggiungendo mete importanti. Tutti conosciamo personaggi famosi o anche sconosciuti che hanno saputo fronteggiare avversità gravi e diventano modelli di determinazione.

Quel che oggi si ritiene è che la resilienza esiste in ciascuno di noi e può essere sviluppata attraverso l’allenamento e l’apprendimento – essa si plasma proprio grazie alle difficoltà - e riguarda soprattutto la qualità degli ambienti di vita (si pensi alla riflessione sui fattori di rischio e sui fattori di protezione), soprattutto i contesti educativi.

La resilienza non è solo la capacità di resistere alle deformazioni “quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo uno spazio al di là di quelle invasioni, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura”, scrive A. Canevaro nel bel libro di qualche anno fa “Bambini che sopravvivono alla guerra” (Erickson). Non consiste nel tornare alla condizione precedente, spesso impossibile, ma concepire un salto in avanti.

Anche la Teoria Sistemica ritiene che nel processo di assistenza alla famiglia il modello della resilienza aiuta a focalizzare le strutture che sanno resistere alle crisi e le risorse piuttosto che i deficit, e valutare ogni elemento positivo nei sistemi di credenze, modelli organizzativi e processi comunicativi: “resistere ai cambiamenti per sovrapporsi e superare le crisi, centrandosi sul cambiamento qualitativo e mantenendo la coesione strutturale attraverso il processo di sviluppo”. Ciò richiede molta flessibilità nell’adattamento, che è un principio base dell’evolversi, dal momento che la vita si sviluppa per mezzo dei cambiamenti e del progressivo aumento della sua complessità.

Esistono tanti libri che parlano di rinascita e forse potremmo dire che questo è uno dei temi principali di tutta la letteratura. Basti pensare a tutti i sopravvissuti alla Shoà, per esempio V. Frankl. Ma citiamo almeno una storia-vera che tocca il cuore, “Ho chiesto di avere le ali” di Anthony G. Johnson (Sonzogno), un bambino cresciuto in una famiglia all’apparenza normale, che invece lo costringeva a subire indicibili violenze per le quali contrae anche l’AIDS; solo a 11 anni ha il coraggio di rivolgersi al telefono amico, ne esce e viene adottato dai suoi assistenti; a 14 decide di raccontare. “Non ho mai avuto la sensazione che il mondo mi avesse fatto del male, ho sempre pensato che la realtà fosse solo molto complicata. Ho preso il buono dove potevo trovarlo e ho cercato conforto dove sapevo che lo avrei ottenuto”

 

I fattori che costituiscono la capacità di resilienza

 

Secondo le ricerche quattro fattori sono alla base della capacità di resilienza:

 

1) Forza dell’io (autostima positiva), un equilibrio conquistato, quasi una danza tra la capacità di di­pen­­dere e quella di essere autonomi;

 

2) Hardiness, la robustezza psicologica, l’allenamento a saper uscire cresciuti da una sconfitta o un trauma;

 

3) Humor, il saper tenere una distanza e­mo­­tiva e un distacco dal trauma, sviluppando una pronta percezione dei paradossi della vita;

 

4) Ottimismo, ovvero lungimiranza, la capacità di differire il giudizio, staccandosi dal­l’in­ten­sità emotiva di una esperienza dolorosa e aprendo lo sguardo a tutta la realtà in cui si è inseriti.

 

Altri autori aggiungono l’Insight o introspezione, la capacità di esaminare se stessi, di farsi domande difficile e rispondersi con sincerità; l’Interazione (rete sociale di appar­te­nen­za), la capacità di stabilire rapporti intimi e soddisfacenti; l’Iniziativa, come saper affrontare problemi, capirli e riuscire a controllarli; Creatività intesa come creare ordine e bellezza partendo dal caos e disordine;  e la Morale come insieme di valori accettati da una società e poi interiorizzati, o ideologia personale che consenta di dare un senso al dolore.

Poiché una resilienza adeguata è l’insieme integrato di capacità resilienti di tipo istintivo (soprattutto nei bambini), di tipo affettivo, che riguardano le strutture dei valori, il senso di sé e la socializzazione, e di tipo cognitivo con gli strumenti dell’attività simbolico-razionale, che ruolo possono avere gli insegnanti? Quello di creare un ambiente che faciliti e appoggi uno sviluppo personale positivo dove tutti le competenze citate possano arricchirsi. Che non può significare solamente imporre le giuste difficoltà a un ragazzo! Piuttosto curare un insieme integrato di attenzioni nel dialogo, visione ottimista, autostima e creatività. Se poi qualche docente si accorge di essersi bloccato lui stesso nel suo sviluppo e ad aver perso la motivazione, può decidere di apprendere strategie pro sociali e di autoefficacia attraverso un periodo di training..

La cronaca ancora recentemente ha riferito di giovani che si suicidano, impiccandosi, gettandosi nei fiumi, e gridano la loro sofferenza su Facebook. Allora l’attenzione per la resilienza può diventare cultura della prevenzione e del supporto, oltre che promozione di uno sviluppo sereno. 

Enrico Vaglieri

Bibliografia: Hanson R., La forza della resilienza, Giunti 2019

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