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"Fin da bambino

mi sono sentito una femmina" 

Il disturbo dell'identità di genere

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Psicopatologia dell'adolescenza

Il disturbo dell’identità di genere, tra riassegnazione chirurgica, stati emotivi, fattori culturali e prospettive di intervento

Un caso. Luca ha 13 anni, vede in tv un programma sui transessuali che dicono di aver risolto il loro problema di identità sessuale e di depressione attraverso un'operazione chirurgica di riassegnazione sessuale. Si convince che è quello che lui desidera come risposta alla propria sofferenza. Ne parla con uno psicologo, a cui è stato indirizzato dopo aver ricevuto delle cure in ospedale. E’ profondamente depresso e angosciato; non ha amici, non gli piacciono gli sport. Già da piccolo si sentiva una femmina, sognava a occhi aperti di essere una ragazza affaccendata in casa. Non ha mai confidato a nessuno la sua difficoltà.

Si sente molto responsabile in famiglia. Tre anni prima suo padre era morto, dopo una lunga malattia, proprio quando Luca stava diventando un ometto. Vive con la madre e tre sorelle. Con loro ha sempre giocato alle bambole, ma ora le sorelle sono imbarazzate per i suoi atteggiamenti e lo escludono. Viene chiamato "femminuccia" a scuola;  lo chiamano "gay", ma lui non si riconosce tale: si sente femmina e si prefigura un futuro con un corpo diverso. Dopo la pubertà ha cominciato a detestare i muscoli, la barba, tutto ciò che lo fa sembrare maschio. Un po' alla volta si avvicina a una banda del quartiere e comincia ad ubriacarsi, ma non si sente meglio per questo.

Dopo aver visto il programma in tv, parla con la madre e lo psicologo e inizia un percorso di psicoterapia. Inizialmente è ossessionato dalla riassegnazione chirurgica, come passo decisivo per uscire dall'imbarazzo di non sapere chi è veramente e poter avere una vita senza le sofferenze e le relazioni dolorose con i suoi pari. Un po' alla volta, indagando le sue fantasie di cambiamento e pensando ai suoi progetti futuri, si distoglie da quel pensiero persistente e comincia a fare piani di studio e di formazione.

 

La disforia di genere

Un caso di disturbo dell'identità di genere (GID Gender Identity Disorder) nel quale il malessere e l'angoscia vengono mitigate con la strategia di definirsi "transessuale", per non rimanere invischiati nella indeterminatezza. Dove si vede anche che l'esperienza della perdita - un abbandono - intensifica la sofferenza psichica. Ed è in evidenza il ruolo paterno durante l'adolescenza, che permette la identificazione, in particolare per i figli maschi. Gli studi hanno confermato l'importanza del ruolo del padre nell'incoraggiare comportamenti sesso-tipici nei figli maschi e anche nelle femmine.

Il disturbo dell'identità di genere consiste in una forte identificazione con il sesso opposto insieme con un profondo disagio di appartenere al proprio sesso, sia nei bambini, sia in adolescenti o adulti. A questo si associa specificamente la disforia per il proprio aspetto e per i comportamenti e le attività sesso-tipiche. Ne consegue una scarsa capacità di adattarsi al contesto ambientale, alle relazioni sociali, a scuola o nel lavoro. Per questo nella recente edizione del DSM 5 si usa l'espressione disforia di genere.

 

Come si forma l'identità sessuale

Le transitorie crisi d'identità dell'adolescente, che sono normali e strutturali per l'attraversamento del secondo processo di separazione e individuazione, dovrebbero portare al tramonto definitivo del senso di onnipotenza e della fantasia infantile di bisessualità (possedere entrambe le caratteristiche dei genitori). Da una identità nucleare di genere, a 3 anni, si passa all'identità di ruolo di genere (comportamenti sesso-tipici assegnati dalla società) fino al chiarire l'orientamento sessuale, che ha a che fare con l'attrazione, e infine alla identità sessuale vera e propria, una rappresentazione di sé strutturata e integrata. Per alcuni individui tutto ciò è molto più complicato.

L'esordio avviene quasi sempre durante l'infanzia; ma spesso i soggetti, che si convincono di essere gli unici ad avere il problema, non ne parlano. I casi sono molto pochi in percentuale, in tutt'Italia si contano poche migliaia; di diverse età, con una prevalenza dei maschi.

Gli studi sul decorso, quando la diagnosi è fatta in modo precoce sui bambini, o invece nella prima adolescenza o addirittura nella tarda adolescenza, non sono concordi. Gli esiti possono essere molto diversi. In alcuni casi l'identificazione con il sesso opposto si accentua e addirittura si chiede la riassegnazione chirurgica del sesso o ormonale; altri individui mantengono una disforia di genere cronica e un sentimento di confusione costante. Altri invece hanno una remissione completa; a meno che l'identificazione trans-gender non venga mantenuta in modo sotterraneo, perché consapevoli della risposta sociale negativa, del timore di rifiuto e di derisione dei pari, e per l'intervento dei familiari.

Sembra confermato che, prevalentemente nei maschi con una storia infantile di disforia di genere, l'esito nella tarda adolescenza e nell'età adulta è l'orientamento omosessuale o bisessuale, forse, come compromesso di adattamento sociale. Dunque il processo, con il quale si struttura durante l'adolescenza un'organizzazione atipica dell'identità di genere, è influenzato da tanto numerosi fattori e complesse interazioni che può presentare casistiche molto diverse.

 

I fattori di rischio nel GID

Gli adolescenti con disforia di genere sono esposti a fattori di rischio maggiori rispetto ai coetanei, proprio per il sentimento di diversità e il non sentirsi accettati dagli adulti, il conflitto interno di scissione della mente dal corpo, la solitudine e lo stress di dover scegliere di intervenire sul proprio corpo. È frequente la comorbidità con altri disturbi psicopatologici sia internalizzanti (depressione, ritiro, ansia), sia esternalizzanti (aggressività, crudeltà, comportamenti antisociali), soprattutto negli individui transessuali MF (male-to-female).

È sicuramente forte il rischio di depressione, accentuato da ambienti familiari conflittuali, o da storie di familiarità con la depressione del padre o della madre, ciò che può portare all'abuso di sostanze, l'isolamento sociale e a propositi suicidari - abbastanza tipici nel corso della vita da parte di individui transessuali.

La contraddizione tra il vissuto psichico di genere e la realtà corporea in quest'età può diventare stridente, con una conseguente incertezza che diventa intollerabile fino a essere sperimentata come un caos.

Non è stata dimostrata alcuna differenza tra questi soggetti e altri coetanei per quanto riguarda l'accuratezza percettiva, il disturbo del pensiero, l'auto percezione. Nell’adolescenza le dimensioni che possono favorire la capacità di adattamento sono la modificazione dell'apparenza corporea, il mutamento di rapporti tra genitori e figli, la maturazione cognitiva e altri fattori culturali.

 

I media e la riassegnazione chirurgica del sesso

Una riflessione va fatta sui fattori socioculturali, come i media, che in queste situazioni, diffondendo conoscenze sulle tecniche mediche correttive, come la riassegnazione chirurgica del sesso, possono portare a tradurre il tema transessuale in un giuramento fatto a se stessi per raggiungere lo scopo di armonizzare corpo e psiche (M. Ammaniti).

Tale soluzione può alimentare negli adolescenti una fantasia di trasformazione totale, rapidamente realizzabile, contrastando il necessario e cauto percorso di approfondimento evolutivo e psicologico. L'intervento chirurgico in realtà ha effetti irreversibili ed è molto invasivo; e non è infrequente che segua un doloroso rimpianto e non vengano risolti il senso di insicurezza, né il tono disforico. Una scelta difficile per i clinici e discussa: alcuni specialisti ritengono che nei casi di diagnosi chiara su adolescenti non si deve rinviare troppo a lungo l'intervento, che se non è precoce e tempestivo, potrebbe causare danni iatrogeni

Enrico Vaglieri

Bibliografia:

M. Ammaniti, Manuale di psicopatologia dell'adolescenza, Raffaello Cortina Editore 2006

 

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